Caro Mr. Tim Cook, capo di Apple,
Circa un anno fa, vittima di una penosa smania tecnologica, ho firmato un contratto letale con una nota strozzo-compagnia telefonica.
Fino a quel momento mi ero arrangiata con un cellulare a tracolla e un innocuo abbonamento ricaricabile.
Vede signor Tim, lei mi ha talmente sfrugugliato neuroni e maroni, che alla fine anch’io, come circa tre quarti della popolazione di questo pianeta, ho sentito la necessità di entrare in possesso di un Iphone di ultimissima generazione.
Ho conquistato il meraviglioso oggetto solo dopo aver sottoscritto anni di rate a interessi oltraggiosi e la fidejussione di un parente in caso di risoluzione anticipata del vincolo.
Non importava. Ero la fiera proprietaria di un super congegno dotato di connettività totale.
C’era persino un’assistente vocale di nome Siri, che però parlava solo inglese.
Poco importava se ogni tanto la signorina Siri, forse tratta in inganno dalla mia inflessione scarsamente anglofona, chiamava spontaneamente qualcuno che iniziava a farsi i cazzi miei a cento euro di scatto alla risposta.
In questi mesi ho anche dilapidato una fortuna in Apps. Sì, proprio quei programmini paraculini che voi della Apple create per ogni esigenza. Amavo tanto il mio telefono, caro dottore, e non perdevo occasione per sfoggiarlo in ogni contesto.
Oggi invece sono tornata ad essere una specie di pezzente.
Grazie, eh.
Lei infatti, come se non avesse altre ragioni per cui campare, tipo vacanze, hobby o amanti, svelto svelto ha presentato il nuovo Iphone, al cospetto del quale ogni altro smartphone e relativo possessore è figlio di un dio minore.
Il suddetto gioiello, tra l’altro, costa quanto un fegato sano.
Ecco, io le sono grata per tutti gli anni di rate ancora a venire.
E’ merito suo, mister Cook, se ora la signorina Siri neanche mi ascolta più.
Le auguro con affetto di reincarnarsi in una microsim fallata della Samsung. Laggiù, nell’ostile Corea.